Ad ottobre si celebra la Giornata Internazionale del Lutto Perinatale, il nostro pensiero va a tutte le mamme, i papà, le famiglie che hanno dovuto affrontare una perdita prima del tempo. Indipendentemente dalle ragioni e dall’età gestazione, perdere un figlio in gravidanza rappresenta un’esperienza estremamente dolorosa di cui forse si parla ancora troppo poco.
Con questo articolo cercheremo di darvi qualche informazione sul lutto perinatale e indirizzarvi un abbraccio virtuale che sicuramente non allevierà il dolore della perdita ma speriamo vi faccia sentire meno soli
Il figlio inizia a esistere, nell’immaginario di una coppia, nel momento stesso in cui si decide di cercarlo. Il bambino è vivo e reale e attraverso la fantasia se ne costruiscono le fattezze, lo si accarezza e si immagina insieme a lui una vita futura.
La perdita di un figlio è sempre un evento sconvolgente nella vita di un genitore, inaccettabile si tratta di una perdita ‘innaturale’. Da una gravidanza ci si aspetta la vita e, invece, ci si ritrova a doversi confrontare con l’esperienza del vuoto e della morte. L’evento interrompe bruscamente il progetto della genitorialità e destabilizza entrambi i membri della coppia, anche se viene vissuto diversamente dalla madre e dal padre.
L’intensità del lutto prenatale è correlata al grado di investimento affettivo della coppia genitoriale. L’età del bambino non ha quindi alcuna importanza per stabilire l’entità della perdita, ma la differenza sta nell’instaurarsi della relazione di attaccamento che inizia molto prima della nascita del bambino.
Gli aspetti emotivi del lutto sono intensi per entrambi i genitori madre e padre vivono il dolore per la perdita perinatale da prospettive diverse, sperimentando diversi tipi di sofferenza e adottando ciascuno proprie modalità di far fronte alla perdita. La cosa importante e viverle insieme e non chiudersi in sè stessi.
Una madre in lutto si ritrova impegnata nel difficile e doloroso compito di fronteggiare tutte le aspettative che aveva risposto nella gravidanza, cercando un’accettazione di quanto accadutoche appare, soprattutto nelle prime fasi, un compito impossibile.
Al dolore di una madre che perde un figlio dopo settimane o mesi di attesa, si aggiunge il senso di vuoto per l’assenza di quel bambino e può causare una chiusura nel proprio dolore e il distacco dal mondo esterno, fino a spingerla ad adottare condotte di evitamento, soprattutto verso le coppie con figli e le donne in gravidanza.
Il fastidio, la rabbia, l’invidia, sono emozioni normali durante l’elaborazione della perdita. Pensieri del tipo “Perché proprio a me?” o anche “Perchè lei che è una cattiva madre ha figli e io no?”, sono normali, ma si accompagnano a sentimenti di vergogna e di forte autocritica per averli concepiti.
Il padre, seppure parta da un vissuto differente, non vive un dolore meno intenso. Può cercare di razionalizzare dicendo a sé stesso che non può sentire la mancanza di un figlio che, dopotutto, non ha nemmeno conosciuto e che se non si abbatte, forse, il dolore sembrerà meno intenso.
Di fronte alla sofferenza della compagna, può tentare di gestire la propria sofferenza accantonandola, imponendosi di farsi forza e coraggio e di andare avanti, anche per lei.
L’interruzione di una gravidanza è uno strappo che segna la coppia. Anche quando accade nelle prime settimane. Il feto è un figlio a tutti gli effetti.
Come abbiamo già detto l’elaborazione per il lutto di un figlio è un processo che richiede tempo. La coppia ha bisogno di vivere il proprio dolore e arrivare, secondo i propri tempi, all’accettazione della perdita.
Permettersi di lasciar andare il dolore non significa dimenticare. Anzi, è attraverso i ricordi che è possibile comprendere pienamente l’evento accaduto, elaborare il lutto e simbolizzare l’esperienza.
Si può utilizzare, per esempio, la memory box (la scatola dei ricordi) che raccoglie i pochi oggetti del bambino e quelli dell’esperienza di gestazione, come ecografie, test di gravidanza, un giocattolo già in culla. L’elaborazione del lutto perinatale è fondamentale, È essenziale parlarne e consentire a sé stessi di piangere per la propria sofferenza